Roberto Borghetti
1° classificato, 2012
Poco prima di sopravvivere
Le chiavi sotto lo zerbino
alle sei della mattina arriva l’albanese.
Mette ordine, scarica i bidoni della differenziata
anche l’umido se passano solo di sabato.
Forse inattese le ultime ombre degli indignati
ma io non dormo più
pantofolo sopra pavimenti già tirati a lucido
lei sorride, gli occhi appena sbarcata dopo l’esodo.
Cerco una posa nel caffè,
i miei gesti imprecisi
e la radio stranamente annuncia vita:
ingorghi alla barriera d’Arcoveggio.
So della fine del mondo come della sveglia
che suona quando già sono fuori casa,
mi allarma solo la mia presenza:
prima o poi anche io cadrò in prescrizione.
Seguo le planimetrie del campo minato
per non restarmene inesploso, al solito stasera
da reduce passerò in rassegna i sobbalzi dello spread
e la saggezza dell’assassino più in voga.
Rosanna Spina
2° classificato, 2012
Parole di seta
Donna nell’ombra di seta nera – nasconde al sole gocce di brina.
Va via di spalle
cammina tra i gigli – tormenta uno stelo, spiegazza una foglia,
respira l’affanno di curve in salita –
ricorda che un giorno
giurava a se stessa
che avrebbe imparato
la forza e il perdono.
Donna di seta bianca si china – col viso dolce di meraviglia
le mani sul grembo – custode di vita –
pronuncia il suo nome, siede alla riva
conta le gocce, accarezza la spuma,
socchiude gli occhi –
trema e respira
Domenico Modafferi
3° classificato, 2012
Omar
Omar, che la pioggia ti bagna
la pelle, più scura di sole
che di terra, ed è la polvere
i cuscini e il vento serale
una voce, vivi coi topi
e cammini a ritmo di polio.
Io mi dico di cosa tu,
e non io, sai riempire il cielo.
Ma non importa: ti do l’euro
e me ne vado anch’io, nella pioggia.
Giorgio Baro
Segnalato, 2012
Impressioni a La Verna
L’eremo spoglio s’erge sovrano
sopra uno scoglio groviglio
di forre; più cupo nel bosco
procede il passo, l’orma del lupo
scansa la traccia.
Tra le mura l’angoscia scolora,
la paura lenta dissolve; nuova
ristora una segreta dolcezza
che al pari d’una carezza sfiora
le palpebre chiuse.
Né di potere né d’umana ragione
l’attenzione discorre; la cella
discreta custode muta leggera
l’ardore in versi di lode e freme
di mistica attesa.
Il frate accoglie, scioglie le pene
se dannate stringono l’anima;
indugia il saio, sottile nel buio
rifugia il senso della preghiera
e conforta la veglia.
Delle torbide scienze rigetta
il sapere; già le roride guance
confessano stolte premure
nell’orgoglio a volte taciuto
dietro se stessi.
Stupito di altri silenzi il silenzio
pieno respira.
Bruno Centomo
Segnalato, 2012
Semplicemente parole in sequenza
Le mie parole lascio in sequenza per stordire,
nelle fessure per riparare, intatte adagiarsi
come spiccioli da smarrire nelle tasche bucate.
Assieme ai ritagli incerti di giornale e scontrini
che indirizzi e numeri di telefono imbrattano
senza più concedere d’abbinarvi un nome.
Un viso da rimpiangere. Un sorriso da svelare.
La terra ha rose da nascondere, passi da camuffare
che spiegazzate ignare rime sporcano
sulle liste per la spesa, i racconti dell’orrore,
i biglietti ferroviari senza destinazione.
Sopra il treno pigramente scivolano via volti
che non torneranno, nomi presto dimenticati,
sacchi di zolle e talee di fiori feriti
che si tenterà trapiantare dove i sassi
si confondono sotto le luci che rischiarano
le scale dissestate per il Paradiso
Laura Moser
Segnalato, 2012
I poeti
Hanno lenti d’ingrandimento
alquanto potenti i poeti
e baionette su lucida carta.
Prendo da loro cuoio di concia
per stivali di lungo passo
e geometrie di segni
per quotidianità in scontro.
Quando non li capisco
li appoggio ad un balcone – cotogne a maturare-
spio il profumo che cresce.
E sto – pulce analfabeta –
sulla pelle di qualcuno
se la miopia della mia anima
mi regala smemoratezze salvifiche.
Nerina Poggese
Segnalato, 2012
Nulla ebbe respiro
Strette di mano
non da la vita,
riottosa scivola via
indicando fallaci orizzonti,
abile falsaria propina sogni
dalla filigrana slabbrata.
Ho creduto alle sue profezie,
ai solchi sulla pelle
che il destino mi diede,
ma nulla ebbe respiro.
Bruciò la carne
per mille desideri,
poi greve la sera
calò su di essi.
Sazia di dolore e silenzi
nulla attesi per le restanti lune
e qualche briciola di stella
pietosa, si accovacciò nel mio palmo.
Mayoor Lucio Tosi
Segnalato, 2012
Area C
Una città che fa scivolare l’acqua per i platani
fin dentro i polmoni come inchiostro.
La notte fradicia, le cose vere senza colore.
Come stai?
Ero sola. Laggiù i semafori, qua parcheggiate le auto.
Avevo pensieri, qualcuno parlava e parlava.
Il cuore in affanno.
Le guance dentro la fotografia, di velluto.
La città di grafite. Il cuore dentro la notte fradicia
spenta, sul lettino. Un lenzuolino. Altrove.
Qui le auto, le ombre che balzano sui platani.
Tu come stai che la città è morta non si sa per quale
spavento.
In centro hanno messo un pendolo. Uno di sinistra
dopo l’altro di destra. Quasi la stessa faccia.
Di grafite e lenzuolino.
Il morto ha le dita conficcate nel suolo freddo.
Qualcuno gli passa con la bicicletta sulla faccia.
Laggiù i semafori. La città di grafite, le ombre.
Via gli occhiali due spari.
Qualcuno si è perso nell’inchiostro che l’avrebbe
tenuto sveglio. Dentro è una pensilina alle tre di notte
dall’altra parte della piazza. L’insegna.
Che la città è morta. Un cappio di binari sul collo.
Parlava e parlava, ma ora è di mummia
la faccia deserta.
Il cuore in affanno. Senza colore i platani e le ombre
che balzano sul pendolo. Quasi la stessa faccia
conficcata nel suolo.
Ma tu mi rapirai nella città spenta?
L’ho visto nella fotografia. Il colore dentro le cose.
Altrove un lenzuolino, un bicchiere di vino.
Poi, che muoia pure.